Il battistero di Dura Europos, oggi conservato presso l’Università di Yale
Dura Europos, benché nota da fonti storiche, fu scoperta casualmente da un soldato inglese nel 1920, mentre scavava una trincea durante la rivolta araba. Da quel momento sono state svolte grandi campagne di scavo, da americani, francesi fino al 1937, e ripresi nel 1986 da francesi e siriani. Gli scavi hanno messo in luce una città in cui nel terzo secolo convivevano pacificamente tutte le religioni di allora: i vari culti pagani e mitraici, la sinagoga, la chiesa cristiana. Successivamente il sito è stata una miniera inesauribile di testi, armature, manufatti, dipinti che hanno permesso un ineguagliabile sguardo di quella civiltà, chiamata “la Pompei del deserto”.
I grandi affreschi della sinagoga sono conservati al Museo Nazionale di Damasco. Ma chi volesse oggi ammirare gli stupendi affreschi della chiesa cristiana non potrebbe cercarli nel deserto siriano: essi sono oggi conservati in America, nella Art Gallery dell’Università di Yale, insieme a migliaia di reperti trovati nelle campagne di scavo.
Senz’altro queste collocazioni hanno permesso la conservazione di questi beni dell’umanità, visti i tragici avvenimenti che senza fine si stanno svolgendo in questi luoghi: quando ho scritto la prima bozza di queste pagine mi ponevo il problema della legittimità di queste rimozioni e dell’allontanamento di queste opere dai loro siti, problemi totalmente superati dagli eventi successivi in quanto se fossero rimaste al loro posto sarebbero state probabilmente distrutte.
E si sta parlando di una delle prime chiese cristiane, di testimonianze di valore storico e religioso assoluto, la cui conoscenza dovrebbe essere di dominio pubblico. Per capire l’importanza dei reperti non posso che citare quanto afferma Fabrizio Bisconti, su un articolo apparso su “L’Osservatore Romano” nel 2010: “la più antica rappresentazione della risurrezione del Cristo si conserva nella Galleria d’Arte della Yale University, ridotta a un semplice pannello su cui è stato applicato un frammento di affresco, oramai assai provato dai restauri del passato, strappato dall’ambiente battesimale della domus ecclesiae di Dura Europos, l’antica città di fondazione romana, situata nei territori dell’antica Siria, sulle rive dell’Eufrate”
Se devo prendere me stesso come esempio, sono venuto a conoscenza di Dura Europos solo mentre mi documentavo per scrivere Elisboth, leggendo l’interessante lavoro di Federica Guidi sull’esercito romano, che appunto descrive vari aspetti di questa importante fortezza militare romana, la sua storia e come fu presa dai Persiani. Credo che la conoscenza di questa città, come esempio di un momento della storia in cui differenti religioni convivevano liberamente, sia in primo luogo un valore assoluto che dovrebbe stare su tutti i libri di storia dei ragazzi. E sapere come era la casa della comunità – la domus ecclesiae – non può che far parte delle conoscenze insegnate con la catechesi a chi è cristiano.