DALLA STORIA DI S. CRESCI E DE’ SS COMPAGNI MARTIRI
E DELLA CHIESA DEL MEDESIMO SANTO POSTA IN VALCAVA DEL MUGELLO
SCRITTA DA MARCO ANTONIO DE’ MOZZI
CANONICO FIORENTINO e ACCADEMICO DELLA CRUSCA
ALL’ALTEZZA REALE COSIMO III
IN FIRENZE MDCCX
Il Canonico Antonio de’ Mozzi[1] dedica nel 1710, su commissione di Cosimo III, un appassionato libro alla storia di San Cresci, l’Acrisio che abbiamo incontrato a Florentia nel nostro racconto; un importante parte del volume è dedicata alla chiesa dedicata al Santo posta in Valcava, nel Mugello, costruita nel luogo del martirio di San Cresci e dei suoi compagni. Il de’ Mozzi trova le informazioni in antichi manoscritti: il primo ritrovato presso l’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze; il secondo nella libreria di Carlo Tommaso Strozzi; infine il terzo un lezionario, anch’esso manoscritto, che si trova nella biblioteca Mediceo-laurenziana. L’autore cita anche un ulteriore codice della Badia Fiorentina andato disperso, di cui lui è venuto in possesso di una copia.
Di seguito propongo una libera citazione di alcune pagine del libro, trascrizione nella quale ho cercato di rendere maggiormente fruibile il testo settecentesco al lettore del terzo millennio. Il testo ha un fascino inalterato che ho inteso riproporvi, con alcune riduzioni quando il de’ Mozzi si perde in sacre allegorie, e con attuali articolazioni della frase quando era al limite dell’incomprensibilità, per il suo incedere settecentesco. Il testo originale è stato consultato presso la storica Biblioteca Moreniana di Firenze.
Miniato e Cresci si nascondono ad Elisboth ma vengono arrestati
Nei tempi di Decio Imperatore era stata pubblicata un’atroce persecuzione contro i servi di Cristo, e i soldati del Re Celeste corsero incontro alla corona del martirio per mezzo di tormenti; il Beato Cresci ormai acceso dal desiderio del martirio, venendosene a Firenze, essendo arrivato in una selva chiamata Elisboth, fu arrestato insieme col beato Miniato e condotto in città dai soldati dell’imperatore Decio che allora era in Firenze. L’Imperatore fu informato del loro arrivo, e dopo aver espresso la sua soddisfazione comandò che i due comparissero alla sua presenza. Furono riconosciuti costanti nella fede cristiana; così l’imperatore comandò che fossero distrutti da diversi tormenti e fossero cacciati nella più profonda prigione, in modo che, passando il tempo, rifiniti dalla fame, dalla rigidezza del freddo, dal fastidio delle catene e del carcere facesse più aspramente strapazzargli con gravissimi e raffinati tormenti. Comandò inoltre che fossero imprigionati separatamente, affinché non si riconsolassero in alcun modo con scambievoli conforti e col discorso vicendevole. L’Imperatore si rattristò in quanto i beati martiri, affermatori della Beata Fede, predicavano e dimostravano con ragione saldissima che gli Dei che egli teneva in venerazione non erano Dei ma demoni.
Cresci viene liberato in modo prodigioso
… Il beatissimo Cresci, disprezzate le minacce e i tormenti di Decio crudelissimo imperatore, mentre era racchiuso in prigione, lieto e contento lodava l’Altissimo, perciocché egli sopportava le ingiurie per il nome di Lui. Ma il Soprastante di questa prigione era un certo uomo chiamato Onione, nobile, e favorito di Decio Imperatore, il quale aveva una figliuola lunatica, la quale ogni giorno l’empio e violento posseditore maltrattava barbaramente con miserabile agitamento, particolarmente dopo che era stato condotto il martire di Cristo, il beatissimo Cresci, il nome del quale per bocca della fanciulla era da demonio con voce spaventevole risonato, e si lamentava forte della sua venuta. Mentre le cose erano in questo stato, arrivata la mezzanotte, essendosi ormai addormentate le guardie, una smisurata luce, cacciatevene via le tenebre, venne nella buia prigione a risplendere, e il soldato glorioso, liberato da legami delle catene, e confortato dai servigi degli angeli, francamente camminando, cantava inni e salmi all’Onnipotentissimo Dio. Ma risvegliandosi le guardie, dopo che videro un così chiaro lume nella tenebrosa prigione, se ne fuggirono percosse da un fiero spavento: il demonio cominciò ancora per bocca della fanciulla a gridare con spaventevole strida, che bruciava, e che pativa tormenti insopportabili, così dicendo: «che hai tu da far meco, e che io che fare di te, o Cresci? Perché t’affanni tu per mandarmi innanzi tempo in rovina? Io ti scongiuro per colui, che tu adori, che di qui non mi scacci, e che tu non mi faccia uno scorno così grande.»
Onione si converte
Allora Onione vedendo tante cose meravigliose del Signore intorno al Beato Cresci operate gloriosamente, corse alla prigione, e gettatosi ai piedi del beatissimo martire, incominciò a pregare per meritare il perdono delle sue colpe. Si raccomandava allora, acciocché egli ritornasse la sanità alla figliuola sua, e dalle sue viscere cacciasse fuora il demonio.
Ma il beato Cresci riguardandolo col suo solito volto sereno, disse: «se tu crederai il Signore Gesù Cristo essere facitore e riparatore di tutte le cose, e riacquisterai la sanitade della tua figliuola, cacciato via il nimico, e otterrai di tutti i peccati tuoi, pe quali adesso sei travagliato, il perdono.»
Allora gettatosi Onione avanti a’ suoi piedi, incominciò a dire con chiara voce:
«credo il Signore Gesù Cristo essere vero Dio, rigetto i muti e sordi Idoli, e chieggio dé miei peccati il perdono. Per errore ho perseguitati i Santi suoi, ed ho acconsentito alla loro morte. Ma io ti prego che avendo misericordia di me e della figliuola mia, cacciato via il nimico dell’uman genere dal cuore di lei, alla grazia del tuo Dio ci faccia giugnere.»
Cresci guarisce la figlia di Onione
Ma il Beato Cresci, rallegratosi della sua fede, lo sollevò, e subitamente prostratosi in orazione, pregava acciocché il Signore manifestasse la virtù del santo nome suo intorno alla fanciulla, e si degnasse scacciare il demonio dalla medesima; e avendo terminata l’orazione, rivoltatosi alla fanciulla disse: «o sozzissimo demonio, che entrato in questa fanciulla hai avuto ardire di rapirla, nel nome del signore Gesù Cristo, io ti comando, che tu esca da quella, e a quella non ritorni giammai, acciocché purgata dalle laidezze degl’idoli, sia fatta meritevole di conoscere il suo Creatore, e d’esser fatta degna abitazione dello Spirito Santo.»
Il demonio allora, mandando fuori una voce spaventevole, con una gran rabbia fuggì via: il santo del Signore, tenendo per mano la fanciulla, la benedisse, e sana rendetela al padre suo.
Onione allora rendendo grazie a Dio, e al beato martire suo Cresci, cominciò a maledire coloro che al Signore Gesù Cristo non credevano: credette ben egli colla moglie e colla figliuola, e co’ tutta la casa sua, e dato il nome suo, fu insieme con essi battezzato. Fu però dal beato Cresci primieramente instruito in tutte quelle cose, le quali sono appartenenti alla religione Cristiana, e alla Fede cattolica.
………
Cresci fugge da Florentia e trova rifugio in casa di Panfila
Allora il Beato Cresci quantunque infiammato da smisurato desiderio del martirio, per non isbigottire gli animi del popolo, che lo pregava, e per custodire l’anime, che egli avea acquistate a Dio, cedendo al bisogno di quegli che pregavano, giusta quel detto dell’Evangelo; se vi perseguiteranno in una città fuggite in un’altra; abbandonata la città di Firenze, determinò di andarsene insieme con esso loro alla città di Faenza; ed essendo arrivati in un luogo, che Colle s’addimanda, albergò in casa di una certa donna chiamata Panfila, il figliuolo della quale giaceva ammalato.
Ma questa donna si accorse essere adoratori del vero Dio e amatori della religione Cristiana il Beato Cresci e quegli che erano con lui; per questo, benché pagana, serviva loro con gran diligenza, e ammonita da ispirazione divina riponeva nella memoria e nel cuore qualunque parola poteva ella comprendere dalla bocca del beato uomo.
Ma egli accadde, che il Beato Cresci co’ compagni suoi ivi qualche giorno trattenendosi, si andasse aggravando l’infermità del fanciullo, e ridotto quasi a morte, appena ritenesse l’ultimo fiato; onde, e la donna ancora sbigottita essa, e tutta la casa sua ripiena di malinconia.
Accostandosi la donna al Beato Cresci, con abito mutato, con faccia lugubre, con voce compassionevole, cominciò a commuoverlo: «Perché o servo di Dio, volesti entrare in casa mia? Nel tuo ingresso il mio figliuolo si muore, si estingue il lume degli occhi miei, si divide da me la metà dell’anima mia, mi si toglie con grandissimo dolore l’unica mia speranza; e chi consolerà me disgraziata? Chi darà aiuto alla mia vecchiaia?
Fa dunque conoscere il valore del tuo Dio, e acciocché credano tutti i circostanti, che egli è il vero Dio, rendimi l’unico figliuolo, il quale mi pare di avere, nel tuo ingresso, perduto.»
Cresci guarisce il figlio di Panfila
Allora prostratosi in orazione insieme con gli altri fratelli, orò lunghissimamente, e terminata la preghiera si rizzò, e accostandosi al letticciuolo, nel quale il fanciullo respirando gli ultimi fiati, giaceva quasi morto:
«o fanciullo, il Signor Gesù Cristo Dio Figliuolo di Dio, il quale per noi si è degnato di scendere dà Cieli, e farsi uomo, e per ricondurre la pecorella, che perduta era, a salvamento, …. sì degni di concedere a te, e vita, e salute, acciocché tutti i circostanti conoscano, che esso è il solo Dio nel cielo, e nella terra»
Il fanciullo si rizzò sano dal letto, di maniera che non appariva in lui né meno un contrassegno d’infermità, e rizzandosi cominciò ad esclamare:
«un solo è lo Dio de’ cristiani nel cielo, e nella terra, creatore di tutte le cose, e delle cose tutte riparatore, né ci è altro Dio fuori di lui; imperciocché tutti gli Dei, i quali noi adoriamo, vani sono, e né a loro medesimi possono giovare, né agli altri.»
E abbracciando le ginocchia del beato uomo diceva: «io ti prego o santo di Dio, che tu mi faccia arrivare alla grazia del battesimo.»
Allora il Beato Cresci lo catechizzò istruendolo nella dottrina del Signore. Ma la madre del fanciullo, e gli altri, veggendo così grandi meraviglie dal Signore operate gloriosamente intorno al fanciullo, cangiato il pianto in meraviglia, prostrati a terra, confessavano aver loro peccato, aver errato nell’adorare gli idoli: tutti infiemente alla fine pregavano, che egli mostrasse loro quel che pe’ loro peccati dovessero fare. Ma il santo del Signore, ammaestrandogli intorno alla fede, e intorno alla religione cattolica, comandò loro il digiuno, terminato il quale, furono tutti battezzati nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.
Il fanciullo ancora, che era stato risanato, battezzossi, e fu mutato il suo nome in Cerbone, poiché Serapione era stato chiamato per l’avanti e battezzato incominciò a fare nella dottrina del Signore molto profitto, e a perseverare col Beato Cresci nell’orazioni, e né di giorno, né di notte a distaccarsi da lui.
L’ira dell’imperatore
Ma mentre si operavano queste cose, fu riferito all’Imperadore, che Onione, il quale egli medesimo avea illustrato con grandissima onoranza, abbandonati gli Dei, i quali egli teneva in venerazione, avesse creduto a Cristo per mezzo del Beato Cresci, e spezzate le immagini degli Dei, le quali erano appresso di lui, si fusse unito co’ Cristiani, e col Beato Cresci, e si ritrovasse insieme con altri seguaci di Cristo, abbandonata la propria città. A questo punto il crudelissimo principe, da furore troppo grande infiammato, co grand’ira, a’ soldati suoi comandò, che qua, e là prontissimamente scorrendo, il beato uomo perseguitassero, e che coloro, che erano con esso lui, dato loro potere, in qualunque luogo gli trovassero, facessergli subitamente prigioni, e se non volessero piegare il collo agli Dei, e sacrificare loro gl’incensi, e le vittime, con diverse pene, e tormenti gli togliessero di vita. Allora i soldati mettendo in esecuzione i comandamenti del loro Imperadore, dopo un breve affaticamento, arrivarono al luogo dove i santi di Dio perseveravano nell’orazioni, non cessando mai dà divini ragionamenti, e dal predicar il vangelo. Ma il beato Cresci accorgendosi dell’arrivo dei soldati disse:
«sorghiamo, o fratelli, perciocché ecco il Signore nostro Gesù Cristo, che c’invita alla corona del martirio»; e chiamando il beato Cerbone, lo avvertì, che si ritirasse, e che, dopo la sua morte, raddoppiasse rinvigorendo la chiesa, che il Signore gli avea commessa.
Cresci e i suoi compagni vengono presi prigionieri
Finalmente, bramando arrivare come vigoroso guerriero del celeste imperatore al combattimento desiderato già tante volte, co’ due altri discepoli Onione, e il beato Enzio, il quale fu seco fin dal principio della conversione, non si ascose a’ soldati, che lo cercavano. Ma i soldati accostandosi, lo fecero prigione, insieme con quegli, i quali erano con esso loro, rimproverandogli in questo modo.
«Tu sé quel sacrilego Cresci, il quale il culto ritogli a’ nostri Dei, e una vana, e superstiziosa setta insegni d’un certo Gesù Nazzareno? Per la salute dell’Imperadore, che se tu non offerirai sacrificio agli Dei immortali, e non farai ritornare all’adorazione degli Dei coloro che da te sono stati ingannati, noi ti torremo la vita con diversi tormenti.» Dipoi con gravissime catene legandolo, insieme con quegli, che seco erano, gli condussero a un certo tempio ivi vicino, nel quale erano diverse immagini d’idoli, e introducendogli nel tempio, incominciaron a far loro violenza, perché sacrificassero agl’idoli: e chiamando il beato Onione, e quasi con esso lui condolendosi, incominciarono dolcemente ad avvertirlo, acciocché si ritirasse dall’errore appreso novellamente, e offerendo agl’immortali Dei i sacrifici, e si allontanasse dallo sdegno loro, e si riconciliasse l’affetto di Decio Imperatore, acciocchè ricuperata la primera dignità, facesse ritorno coll’onore primiero al palazzo dell’imperatore. Inoltre per comandamento dell’Imperatore medesimo gli promettevano amichevolmente doni maggiori, e maggiore l’amicizia del principe.
Ma quel Beato Uomo, in nessuna maniera si lascia sedurre dagli accarezzamenti loro, e né per le preghiere si piega, né per qualsivoglia promesse, ma nella fede, che egli avea presa, con animo costante perseverando, rispose:
«Oramai avere egli combattuto abbastanza sotto il terreno Imperatore, e avere oramai abbondato di bastevoli onori, e ricchezze nel di lui palazzo: volere ora combattere sotto l’Imperatore del Cielo, per essere fatto degno di arrivare alla sua grazia, e nel palazzo di lui fermarsi eternamente.»
Protestava, se cristiano essere, e non potere con ingiuria del vero Dio chinare il capo per l’avvenire a sordi, e muti sassi. Allora i soldati commossi, ad avvertirlo incominciarono, acciocché s’astenesse dall’ingiurie degli Dei, dicendo di non potere in nessuna maniera comportare gli strapazzi de’ loro Dei, con iscorno loro, e del loro principe.
Martirio di Cresci e dei suoi compagni
Ma il beato Onione rispose, non avere agli Dei fatta ingiuria alcuna, Dei non essendo, ma Idoli privi di sentimento e d’intelletto: ma quegli molto maggiormente adirati, e colle parole, e co’ denti fremendo sopra di lui, lo fecero spogliare, e con taglienti verghe, flagellare lunghissimamente; dipoi lo fecero rivestire delle sue vestimenta, e ritornare alla loro presenza; e replicando gli avvertimenti, e condolendosi quasi delle miserie, e de’ tormenti suoi, lo esortavano di nuovo a non disprezzare sé medesimo, e a non perdere il fiore della suo giovanezza, dicendo, essere una gran pazzia, perdere volontariamente i beni temporali, insieme alla vita medesima, e correre incontro a una morte volontaria, particolarmente potendo passare l’età sua nelle delizie e negli onori. Aggiungevano di vantaggio le minacce de’ tormenti più barbari, se non obbediva a i salubri avvertimenti, e se offerendo i sacrifici agli Dei, non ritornava nella grazia del suo principe. Ma il beato Onione dopo i tormenti ricevuti, e dopo le villanie, fatto più forte, cominciò fierissimamente a sgridargli, assicurandogli di abbracciare per amor di Cristo i tormenti, quantunque più barbari, più che temergli, e le promesse, e le loro carezze nulla stimare.
Ma mentre il fortissimo campione di Dio diceva francamente contra di loro queste e molte altre cose, vedendo i soldati essere lui costantissimo nella fede cristiana, e non potersi distaccare dal proponimento dell’intrapresa fede; il beato Cresci ancora presentare si fecero, acciocché quello, che da loro non potevano, lo conseguissero per mezzo di lui, al quale dissero:
«Sacrifica agli Dei, e richiama dall’errore coloro i quali con gl’inganni tuoi hai tu allontanati dalla venerazione degli Dei; che se tu ricuserai di farlo con diversi tormenti macerandoti, ti affliggeremo, e così di morte crudele te ne morrai.»
Ma il beato Cresci, ancora desiderando convertire quegli alla fede del nostro Signore Gesù Cristo, avendo parlato loro amorevolmente, in questa maniera rispose loro:
«Io mi meraviglio, o soldati imperiali, che la prudenza della fortezza vostra, si sia in una semplicità così grande, ostinata, che voi non vi accorgiate, non esser Dei queste immagini, fabbricate dalle mani degli uomini di sasso, di legno, e di qualsivoglia metallo, e non ravvisarsi in loro somiglianza alcuna di divinità; le quali hanno certamente gli occhi, ma non veggono; l’orecchie, ma non ascoltano; la bocca, e non parlano; le mani, e i piedi, e con tutto ciò alcuna operazione colle membra non fanno; d’intelletto inoltre, e di ragione, di sentimento, e di vita sono in ogni tempo manchevoli, e in tutte le cose si provano, essere di minor pregio, che i bruti, e che ancora i morti animali non sono. Non vogliate adunque darvi a intendere, in loro essere alcun contrassegno di divinità; imperciocché in qual maniera si può egli credere, che Iddio, il quale ha fatto le cose tutte, e il quale ha a noi la vita donata, e l’intelletto, e che nel corpo nostro ha di ciaschedun membro partiti gli uffici, esso poi di vita sia privo, e di ragione? per la qual cosa, o soldati, dovete dal culto loro fuggire, acciocché ritornando al vostro Creatore, possiate scampare gli eterni tormenti; imperciocché è cosa certa, che tutti coloro, che gli idoli adorano, insieme col diavolo autore loro, saranno con eterno incendio abbruciati.»
E mentre il beatissimo confessore ragionava in questa maniera, adirati i soldati gli dissero: «tu sé condannato alla morte, e minacci a noi gli eterni tormenti? Sacrifica agli dei, i quali dagl’imperadori si adorano, e si hanno in venerazione.»
Ma il beato Cresci rispondendo, fece queste parole: «Io vi ho fatto vedere oramai, non essere dei le immagini manchevoli di sentimento e d’intelletto, e non potere essere comprensibile la divinità nelle pietre, o in qualsivoglia metallo compresa. Adunque migliore cosa è, e più alla ragione convenevole, che voi, abbandonato l’errore degl’idoli, a quale Dio, che vi ha fatti, vi rivolghiate, acciocché scampare voi possiate i tormenti, i quali agl’infedeli nell’eterna confusione, sono preparati.»
Allora i soldati: «Noi ti abbiamo detto oramai, che tu deponga l’arti magiche, nelle quali tu hai fidanza, e sacrifichi agli dei onnipotenti; imperciocché le parole, che pazzamente da te, e scioccamente sono contro la possanza degl’invittissimi dei millantate, finiranno, dopo che si saranno messi in opera i tormenti: pensa dunque a te prontamente, e la vanità deponi, e l’ostinazione, colla quale imprudentemente ti bestemmi la clemenza degli onnipotentissimi dei, acciocché così almeno tu possa alquanto alleggerire i tormenti, che a te si vanno preparando: imperciocché egli è già vicina quell’ora nella quale tu, e compagni tuoi, maltrattati da gravissime pene, e tormenti, dalla legge a’ sacrileghi, ordinati, e a i malefici, andiate malamente in rovina.»
«Ma questi tormenti, che voi ci minacciate, sono transitori, e con un breve contrasto, la gloria ci promettono, e l’eterna vita: onde quello, che a voi sembrerà più crudele, mettetelo in opera, perché noi siamo pronti, per la confessione di Cristo, a sopportare tutti i tormenti»
In questa maniera gli altri santi ancora incominciarono a protestarsi. Allora i soldati, ammaccando le loro bocche, comandarono, che e fossero spogliati, e con più grosse verghe battuti: ed essendo lunghissimamente percossi, il beato Onione nella confessione perseverando, spirò. Similmente ancora il venerabile Enzio, ricevendo gravissime percosse di verghe pel corpo tutto, rendè la beata anima al cielo ringraziando Dio d’aver meritato di essere fra’ confessori suoi annoverato. Dopo di che uno de soldati accostandosi al beato Cresci, che nelle lodi di Dio fermemente perseverava, percotendolo colla spada, gli tagliò la testa, e bagnossi il pavimento del di lui sangue: e fino a questo tempo durano ivi i contrassegni del sangue de’ santi martiri, a gloria, e virtù del nome del Signore, e de’ medesimi Santi. Patì il beatissimo martire di Dio Cresci co’ due compagni suoi in un luogo, che colle si addimanda, a’ 24 di ottobre, regnando il nostro Signore Gesù Cristo, per l’amore del quale, le terrene cose disprezzando, meritarono di ottenere quelle celesti. Fatte così queste cose, i soldati, presa la testa del beato Cresci, per seco portarla in segno della crudeltà, di ritornare s’affrettavano al loro Imperadore: e arrivati essendo in un luogo, che si dice Vallicola, non potendo portare più oltre con loro le reliquie del beato martire, lasciarono ivi andare il sacratissimo capo del confessore, e martire di Cristo; il che essere stato fatto con eterno consiglio della provvidenza incomprensibile di Dio, che il luogo elesse della sepoltura, e della venerazione de’ santi Martiri, niuno, che cristiano è, può metterlo in dubbio.
Cerbone guida la comunità
Ma dopo avere i soldati perduto il grandissimo contrassegno della loro crudeltà, e dell’uccisione de’ santi, al proprio signore se ne tornarono.
Venendo il beato Cerbone, al quale il santissimo Cresci, volendolo lasciare custode della santa Chiesa di Dio, avea comandato che stesse nascosto, e a tempo desse luogo alla persecuzione, acciocché gli animi de’ Fedeli novellamente alla Cristiana fede condotti, i quali lo spavento della persecuzione, e il cordoglio del suo martirio sbigottire potea, un consolatore avendo, e un confermatore, non si perdessero, prese a reggere la Chiesa. E messi insieme gli altri cristiani, raccolse i corpi de’ santi Martiri, e partecipato con quegli il cordoglio, per divina rivelazione, a un luogo gli trasportò che Vallicola s’addomanda, dove i crudelissimi soldati, dal divino volere forzati, la testa del beato Cresci lasciata aveano; e celebrando de’ santi martiri le esequie, con inni, e con lodo dedicarono il santo giorno del loro seppellimento; e con tale ordine i sacratissimi corpi loro in preziosi panni involgendo, con timore, e con orazione, nel luogo medesimo li seppellirono: dove ancora pe’ meriti de’ santi martiri, il nostro Signor Gesù Cristo vari segni, e miracoli, a lode, e gloria sua, e ad esempio de’ suoi fedeli, d’adoperare si compiace.
Celebrate così queste cose, gli altri con riverenza, e compunzione di cuore tutti alle case loro se ne tornarono. Ma il beato Cerbone nella parola, e nella dottrina del Signore profittando, dalla sepoltura de’ santi Martiri non si partiva, notte e giorno nell’orazione perseverando, e nelle vigilie. Ma egli accadde, che nella dottrina, e nel vangelo continovando egli, la Chiesa de’ fedeli andasse crescendo, e il popolo a lui raccomandato multiplicasse; e si unirono molti col beato Cerbone, giornalmente il divino ufficio frequentando intorno a’ sepolcri de’ Santi Martiri.
Nuova persecuzione
Non molto dopo però fu di loro all’Imperadore riferito, e che in quel luogo tutta la moltitudine del popolo credeva nel nostro Signore Gesù Cristo, e i templi degli dei rovinando, e le immagini, e le statue loro fracassando, fabbricava le chiese. Onde adirato l’Imperadore, mandò ivi un prefetto co’ soldati del suo seguito, comandando loro, che andando, facessero prigioni i cristiani che ivi dimoravano, e quegli, che non volevano agli Dei loro offerire i sacrifici, gli uccidessero; ma quegli, che sacrificassero, di ricchezze gli caricassero, e di doni; i quali arrivando, sparsero il sangue di molti santi; e pigliando il Beato Cerbone co’ compagni suoi, dopo che videro, che non si potevano forzare a’ sacrifici in alcun modo, perché intorno a’ sepolcri de’ santi martiri inginocchiati orando, gli avevano ritrovati, e si erano accorti essere loro specialmente custodi, e veneratori delle sacre reliquie, fecero fare una fossa nel medesimo luogo nel quale vivi gli seppellirono, non molto lontano dal sepolcro degli altri santi, e chiudendo per di sopra la bocca della fossa, diedero a tutti, che ascoltarono, e che videro, testimonianza della loro crudeltà; il che per divina disposizione essere stato operatore, è cosa certissima, acciocché il beato Cerbone ancora morendo, non perdesse la custodia delle sante reliquie, che egli vivo avuto avea; ma acciocché la compagnia di coloro, che egli nella vita sua sempre bramata avea, la godesse ancora eternamente nella sua morte, e da quegli a’ quali nel cielo, per mezzo del martirio, si congiugneva, in terra, per separamento del corpo, in alcun modo non si distaccasse.
Ma il Beato Cerbone co’ compagni suoi patì a’ 4 di maggio sotto Decio Imperadore, regnando il nostro Signore Gesù Cristo, il quale vive, e regna ne’ secoli de’ secoli. Amen.
[1] Alfonso Mirto “Marco Antonio de’ MOZZI”, – Dizionario Biografico degli Italiani Treccani – Volume 77 (2012)