Le rovine di Cetamura rappresentano uno dei luoghi archeologici più importanti del Chianti. Il sito è stato scoperto nel 1964 da Alvaro Tracchi, grande archeologo di San Giovanni Valdarno: nella sua vita, terminata prematuramente nel 1977 a soli 52 anni, ha contribuito grandemente alla conoscenza del territorio del Valdarno, individuando oltre Cetamura la villa romana di Cavriglia e reperti di ogni tipo. Per conoscere la sua opera si può andare al museo Paleontologico di Montevarchi, che nel 2016 ha dedicato alcune sale al ricercatore ed alle sue scoperte. Qui potete trovare illustrata la storia del sito di Cetamura, che si sviluppa nei secoli delle civiltà etrusca e romana per terminare in epoca medioevale. Le ricerche, curate dopo le prime scoperte del Tracchi per mezzo secolo dalla Florida State University, hanno rilevato dal III al I secolo a.C. la presenza di un santuario etrusco affiancato ad un’importante zona manifatturiera, profondamente legata all’area religiosa. Il luogo è inoltre celebre per il rinvenimento di una iscrizione riportante la dizione “CLVTNI” il cui significato ricondurrebbe alle origini del toponimo “Chianti”, probabilmente collegata col nome del piccolo corso d’acqua che qui nasce, al tempo chiamato Clanis: corso d’acqua facente parte del bacino del Massellone, torrente di Gaiole in Chianti, su cui esistono fonti medioevali da cui si evince la sua antica denominazione come Clante.
In alcuni pozzi rinvenuti nel sito sono stati trovati reperti di epoche antichissime. Almeno una delle cavità era una cisterna che si spingeva fino a 32 metri al di sotto del suolo; oltre a reperti quali vasi e contenitori decorati in vario modo, sono stati trovati ottimamente conservati al suo interno 200 vinaccioli, i piccoli semi degli acini d’uva, risalenti a periodi compresi tra il III secolo a.C. ed il I d.C., la cui attenta analisi potrà fornire informazioni sul mondo biologico ed agricolo di quell’epoca.