Non è immediato andare a trovare i resti della Florentia romana. Senz’altro l’apertura alla fine del 2014 degli scavi del teatro sotto Palazzo della Signoria ha aperto una finestra sulla “Pompei” che abbiamo sotto Firenze: seppellita non da un vulcano ma dall’oblio degli uomini, oltre che dalla storia e dallo sviluppo della città. Gli scavi propongono quindi una piccola parte del vasto parco archeologico che sarebbe la piazza, dove sono stati rinvenuti negli anni ’80 i resti della fullonica, delle terme, e di altri monumenti oltre che del teatro. Di questi scavi non è stato realizzato un affascinante percorso sotterraneo, potenziale stupendo preludio alla visita degli Uffizi o di Palazzo Vecchio.
Molti resti della Florentia Romana sono custoditi al Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Al suo interno il “cortile dei fiorentini” conserva i resti del tempio di Iside e molti altri reperti.
Un libro di Emiliano Scampoli, “Archeologia di una città”, è un’ottima introduzione per avere informazioni sull’argomento e comprendere la struttura dell’antica Florentia. È una lettura fondamentale. Così viene commentato da Carlo Francini, referente per il sito UNESCO Centro Storico di Firenze: “Il lavoro di Emiliano Scampoli permette una lettura dell’evoluzione urbanistica tramite i dati archeologici ed è la base di partenza per poter distinguere e valorizzare le ‘molte città’ che compongono la Firenze attuale. La città delle terme e dei monumenti romani, quella delle chiese paleocristiane, la Firenze delle sepolture tra le povere abitazioni, quella delle grandi chiese romaniche, delle consorterie di torre e la città di Dante sono tutte rimaste, come gli anelli di un tronco, all’interno del centro attuale. Comprendere queste molteplici chiavi di lettura è fondamentale per innalzare la consapevolezza dei cittadini e dei visitatori verso una città che è patrimonio di tutta l’umanità e per gestirne coerentemente il futuro.”
Consapevolezza dei cittadini e dei visitatori. Senz’altro io ho vissuto per molti anni a Firenze nella inconsapevolezza del lontano passato, e della storia che era sotto i miei piedi. Chi immaginava che la tortuosa e stretta via Faenza, ad esempio, percorsa innumerevoli volte per andare al lavoro, ricalcava il percorso dell’antica via romana in uscita da Firenze che, tra necropoli, si dirigeva verso Pistoia? E che lungo questa strada si stagliavano le grandi arcate dell’acquedotto? E quante volte mi sono chiesto il motivo delle innumerevoli chiese sui colli fiorentini, in luoghi non sempre collegati direttamente a paesi o comunità: spiegazione che poi ho trovato scoprendo la sacralità del territorio fatta dagli antichi etruschi e romani, poi passata al cristianesimo.
Nell’antichità il territorio, il paesaggio e la natura erano sacri: ma cosa sono per noi oggi? Natura e territorio sono patrimonio prezioso e vulnerabile, in cui qualsiasi intervento si deve armonicamente inserire. Non è solo una questione di valutazione di impatto ambientale, atto tecnico peraltro importante e non derogabile ma la cui denominazione già implica un trauma per il paesaggio e la natura: è la visione armonica della realizzazione umana che deve essere perseguita. E quindi l’ingegneria e l’architettura non potranno progredire se non ripartono dal punto in cui erano arrivati nell’antichità, in cui la creazione dell’architetto era concepita in simbiosi con l’ambiente e l’universo. Questo ci dice a chiare lettere la lettura del paesaggio fiorentino, e vedere come tutto questo nella seconda metà del ventesimo secolo sia stato sistematicamente dimenticato pone sulla nostra epoca un’inesorabile condanna della storia: unica possibilità di riscatto è accorgersi dell’errore, e identificare una via di uscita nel progettare il futuro con la sapienza antica nel cuore, di cui non possiamo fare a meno.
Siriani a Florentia
Vari personaggi immaginari che si incontrano nel romanzo “Elisboth”, come Lucio, Axius, Clara, Alypia, Manius, Balbus e Scapula, rappresentano i commercianti siriani attivi a Florentia; dopo le vicende della guerra contro i Sasanidi il potere assunto dai siriani nell’impero era notevole, e dette senz’altro forte impulso alle loro attività commerciali. Già dal XVI secolo furono trovate nelle aree prospicenti la chiesa di Santa Felicita in Oltrarno resti ed epigrafi in greco di sepolture siriane, testimonianze del cimitero della comunità orientale che viveva a Florentia. Le lapidi sono del IV e V secolo.
Gli storici hanno ipotizzato la provenienza dalla Siria di queste persone, e che fossero prevalentemente commercianti in contatto con la madrepatria. Molti di essi erano provenienti da Apamea, città a sud di Antiochia. Altra città che aveva vivi rapporti con la città della Tuscia era Cesarea. Importantissimo porto fenicio, e nel 13 a.C. diventò la capitale della Giudea, dove risiedeva il governatore romano. Pietro apostolo vi battezzò il centurione Cornelio; Paolo di Tarso vi soggiornò e vi fu imprigionato; divenne la sede di una grande scuola di teologia e biblioteca fondata nel terzo secolo da Origene, grande padre apostolico. È evidente come queste relazioni dettero grande impulso alla comunità cristiana di Florentia che si stava formando.
In “Elisboth” si presenta l’ipotesi che già nel terzo secolo ci siano state presenze siriane a Florentia, fatto peraltro coerente con il culmine dell’importanza del paese mediorientale nell’impero. E il cristianesimo con tutta probabilità fu, se non portato, senz’altro consolidato a Florentia da questa comunità in stretti rapporti con le scuole teologiche dell’Asia minore
Nel III secolo sono testimoniate nell’antica Florentia importazioni africane (vasellame da mensa, olio e garum, una salsa fatta col pesce); i prodotti a base di pesce e olio provenienti dal nord Africa diventano predominanti nel mercato cittadino, così come in quello di Roma.
lapidi paleocristiane a santa Felicita, l’uso del greco è legato alla comunità siriana
Anfiteatro e gladiatori
Gladiatori a Florentia. Ci sono testimonianze specifiche dell’anfiteatro di Florentia. Domenico Maria Manni, nel suo scritto del 1746 “Notizie istoriche intorno al parlagio ovvero anfiteatro di Firenze” descrive un’interessante testimonianza archeologica di un gladiatore fiorentino:
“…Per maggior prova però rammentar mi giova il marmo, che nelle case della Famiglia Archinta in Milano si trova, dal chiarissimo Pietro Graziolo riportato, e illustrato, ove sotto la figura di un Gladiatore delle sue Armi fornito, cui siede in appresso per simbolo d’animosità una Cervetta, si legge
T. BICO SECUTORI
PRIMO. PILO. NATIONE FLO
ENTIN. QUI. PVGNAVIT. XIII
VIXSIT. ANN. XXII. OLIMPIAS
IIII. QVEM. RELIQUIT. MESIV
ET FORTVNIENSIS. FILIAE …”
Quindi a Florentia c’erano i gladiatori, che ovviamente poi si sarebbero sfidati in interminabili e cruente sfide nell’arena. T. Bico era un secutore, il gladiatore che normalmente sfidava il famoso reziario, in sfide simili a quella che abbiamo raccontato. Lorenzo Cantini, nel suo libro sulle Iscrizioni, formula l’ipotesi che a Florentia ci fosse una vera e propria scuola gladiatoria: “che un Gladiatore Fiorentino combatté fuori della. sua Patria, mi fa congetturar che in Firenze vi fosse un Ludo Gladiatorio, che cosi chiamava quel luogo ove si ammaestravano i Gladiatori …”
Nella foto alcune viste di Piazza dei Peruzzi, dove le costruzioni seguono le forme dell’antico anfiteatro, inglobando anche alcuni suoi antichi archi.
Il tempio di Iside di Florentia si trovava nei pressi dell’attuale piazza San Firenze, a lato con il Borgo dei Greci. Tra l’ottobre e il dicembre 2008 sono stati ritrovati alcuni resti, il tempio era ubicato nei pressi del fosso Scheraggio: come a Pompei o a Lecce, l’Iseo si trovava vicino al teatro. Il tempio potrebbe essere stato realizzato all’inizio del II secolo d.C. ed essere sopravvissuto almeno sino al III secolo e quindi far parte dello scenario visto dai personaggi di “Elisboth”. Le sue dimensioni erano notevoli, 25 metri di larghezza e 50 m di lunghezza.
Uno splendido busto della dea Iside è stato rinvenuto a Firenze, nell’ottobre del 1785, durante uno scavo di fondazione nell’attuale via S. Gallo; questa zona è molto lontana dall’area dove sorgeva l’Iseo fiorentino. Si possono fare solo delle ipotesi sulle circostanze che hanno portato questa immagine di Iside dall’Egitto fino a Firenze, non ultima la presenza, nella zona, della villa romana di un seguace del culto isiaco.
Un’immagine di Iside generata da Artguru
La fullonica nell’attuale Piazza della Signoria faceva parte di un complesso costituito anche dalle latrine e da un grande edificio termale. Poteva quindi utilizzare, con una efficienza ammirabile, sia le acque reflue delle terme sia lo scarico delle latrine alimentato dai moltissimi frequentatori delle terme stesse e del teatro. L’orina era uno degli ingredienti indispensabili per lavorare i tessuti.
Questo era la disposizione nel II-III secolo di Piazza della Signoria; gli edifici più importanti erano le terme, struttura imponente che occupava gran parte della piazza, e il teatro che era posizionato dove ora è Palazzo Vecchio. La fullonica, una delle più grandi ritrovate in assoluto (solo a Ostia risulta sia stata trovato un impianto di dimensioni comparabili), occupava una striscia di mille duecentocinquanta metri quadri (50 x 25 metri) davanti all’attuale loggia dei Lanzi. Tra la fullonica e le terme era stato posto l’edificio delle latrine. Florentia era senza dubbio un centro di grande importanza di trasformazione e lavorazione delle stoffe, si stanno creando le condizioni per la futura capitale dell’“Arte della Lana”: già da allora, era un centro non indifferente di trasformazione, lavorazione e smistamento delle stoffe.
commercio
Il ritrovamento, alcuni anni fa, delle antiche navi romane nella zona di San Rossore a Pisa mise in evidenza la fitta trama commerciale che un tempo collegava città, campagne, centri industriali. Le relazioni si estendevano dai porti toscani ramificandosi in tutto il Mediterraneo: ad esempio le lapidi in greco in Santa Felicita e il culto di Santa Reparata a Firenze, martire di Cesarea del III secolo, testimoniano come la colonia di Florentia fosse un centro strettamente collegato con la Siria. I materiali scambiati erano innumerevoli. Dalla Tuscia partivano, a esempio, le anfore Empolitane, le terre sigillate di Arezzo, i marmi lunensi, tutti i prodotti della campagna, i minerali dell’isola d’Elba e delle Colline Metallifere. Dal Medio Oriente arrivavano i marmi preziosi che si riescono a esempio a scorgere nella chiesa fiorentina di San Miniato, e innumerevoli prodotti di ogni tipo entravano in competizione con i prodotti locali: la globalizzazione non è certo un’invenzione moderna, e probabilmente sulle mense di Florentia arrivavano aromi orientali, olio egiziano, frutta spagnola e pesce fresco dalla costa. Non dimentichiamo che l’Arno era un’importante via fluviale. Chi si recava a Roma senz’altro nella buona stagione poteva privilegiare la via fluviale e marittima, più rapida delle vie interne. A Florentia c’era il porto terminale destinazione di molte merci scaricate nel Sinus Pisanus, il vasto golfo che un tempo esisteva tra Livorno e Pisa dove era presente un importante sistema portuale capace di accogliere le navi onerarie: una superficie paragonabile al Mar Piccolo di Taranto, per dare un’idea. Il relitto trovato a Madrague de Giens, Francia (I sec. a.C.) è esempio della grandezza delle imbarcazioni che entravano in questi porti: misurava in origine 40 m di lunghezza, con portata di 400 t, capace di portare 7000-10000 anfore.
Una testimonianza archeologica delle antiche attività commerciali di Florentia la possiamo vedere sul lato sud del battistero di San Giovanni a Firenze, dove è stato inserito dai costruttori dell’edificio un interessante bassorilievo di epoca romana, proveniente da un sarcofago. Le figure rappresentano la produzione e il commercio del vino con le navi, probabile attività della persona che fu sepolta nel sarcofago. Un’ipotesi del motivo del suo inserimento nell’edificio del battistero è comunque una sua relazione iconografica sia al vino che rappresenta il sangue di Cristo, sia alla nave che rappresenta la vita, con il suo albero simbolo della croce.