La Tauroctonia di Cavriglia.
La tauroctonia mitraica di Cavriglia. La foto è stata eseguita da Gabriele Antonacci, in occasione dell’esposizione presso il MINE nel 2017. E’ pubblicata a seguito di nulla osta del Museo Archeologico Nazionale di Arezzo, dove è attualmente collocata. E’ vietato qualsiasi uso della foto senza l’autorizzazione del Museo.
La notizia mi arriva dai social. Sabato 27 maggio 2017 si inaugura a Castelnuovo dei Sabbioni, frazione di Cavriglia in provincia di Arezzo, una mostra dedicata alla statua di Mithra là ritrovata e conservata al Museo Archeologico di Arezzo. Il sabato in questione mi alzo per tempo, faccio alcune piccole commissioni, poi prima delle dieci sono in autostrada. La giornata è stupenda e non c’è traffico: esco a Incisa, e il navigatore sul mio smartphone mi aiuta a superare rapidamente Figline conducendomi con precisione a destinazione. Sono nel Valdarno, nella zona prossima ai Monti del Chianti. Passo accanto alla centrale elettrica di Cavriglia, che domina la zona con le sue alte torri di raffreddamento; il luogo è famoso per le miniere di lignite, ormai chiuse, ora oggetto di un grande progetto di riqualificazione ambientale. Non è passata un’ora dalla mia partenza da casa che arrivo a Castelnuovo dei Sabbioni: la mostra è ospitata in MINE, museo delle miniere del territorio di Cavriglia. La struttura è nel punto più alto del vecchio borgo di Castelnuovo, centro che fu abbandonato durante lo scavo a cielo aperto dei grandi escavatori, che aveva compromesso la stabilità del paese obbligando gli abitanti a spostarsi.
Il borgo è disposto intorno ad un rilievo, sul quale fu costruita la chiesa di San Donato ora sconsacrata e parte del museo. Fermo l’auto nei parcheggi in basso, intorno a me sono fermi alcuni scuolabus che hanno portato numerosi ragazzi delle scuole di Cavriglia all’inaugurazione. La terrazza si apre su un grande panorama, sotto si distendono un lago e la centrale; fanno da sfondo, sull’altro versante del Valdarno, i verdi monti del Pratomagno. Con rapidità percorro a piedi i due tornanti che mi separano dalla piazzetta in cima alla salita, che si sta riempiendo di persone. Intorno a me i resti spettrali dell’antico paese, case abbandonate e diroccate ricoperte di rampicanti.
L’attesa è breve, arriva il Sindaco con la fascia tricolore che saluta moltissimi presenti, il nastro viene tagliato, entriamo nello spazio espositivo creato nell’antica chiesa. La statua attrae magneticamente lo sguardo di tutti. È un’opera in marmo indiscutibilmente importante, rappresenta la classica tauroctonia mitraica: non è completa, manca il corpo del Mithra e la testa del toro, eliminati da ignoti distruttori. Quello che rimane, il corpo del toro, il serpente, lo scorpione che attacca i testicoli del toro, le gambe inclinate della divinità sono caratterizzate da forme morbide e levigate. La sala di esposizione, realizzata all’interno della ex chiesa di San Donato, è una delle migliori realizzazioni espositive che ho visto: sufficientemente vasta, ha lungo le pareti una serie di chiari cartelloni che consentono di comprendere la storia del mitraismo, dei ritrovamenti a Cavriglia, e della statua del Mithra che campeggia al centro senza separazioni verso i visitatori. Nella sala c’è anche un’interessante esposizione di disegni, mappe, fotografie, attrezzature delle attività archeologiche svolte a Cavriglia e di Alvaro Tracchi, di cui tra poco vi dirò.
Inizia la presentazione e molte sono le persone che con entusiasmo si alternano al microfono: tra loro il Sindaco e il Vicesindaco di Cavriglia, le Funzionarie della Soprintendenza, le Curatrici della mostra e soprattutto i due uomini che, da ragazzi, scoprirono la statua. Sono i protagonisti di una grande e corale storia di passione archeologica che dopo anni di attesa finalmente si concretizza nella sua manifestazione pubblica.
Il borgo di Castelnuovo dei Sabbioni, frazione di Cavriglia. Si vede, accanto alla chiesa, la struttura del Museo MINE
La vicenda inizia a cavallo tra il 1700 e il 1800, quando Giacomo Sacchetti – appassionato di storia e antichità – diviene canonico della pieve di S. Giovanni Battista a Cavriglia. Intorno alla Pieve trova numerosi resti, monete, frammenti di mosaici e quant’altro. Nei suoi scritti registra che nelle fondamenta della chiesa era stata trovata un’ara portatile: questo ritrovamento è il punto di partenza delle attività di ricerca che si svolgeranno un secolo e mezzo più tardi, negli anni sessanta del ventesimo secolo, da Alvaro Tracchi.
Tracchi è cittadino di San Giovanni Valdarno, appassionato di storia, nel suo tempo libero si dedica agli studi sull’antico territorio del Valdarno, con lo spirito del pioniere, utilizzando metodi innovativi e con risultati rilevanti quali la scoperta di Cetamura. Nell’aprile del 2016 a lui è stata dedicata la sezione archeologica del museo di San Giovanni Valdarno, con suoi ritrovamenti e materiale documentario.
Tracchi si interessa di Cavriglia, e individua in un’antica macina nella pieve di San Giovanni l’“ara portatile” di cui scriveva il Sacchetti. Nel 1963 si svolgono alcuni scavi, e vengono trovati materiali e antiche strutture in aree dove il piano regolatore prevedeva la costruzione di case. Nel 1964 un colono del luogo, Orlando Rotesi, racconta a Tracchi che una stanza sotterranea era stata ritrovata circa cinquanta anni prima, coperta da una volta di mattoni. Ma era stato possibile calarci solo un ragazzo per la sua piccolezza. Viene individuato il luogo del ritrovamento, con tratti di muro costituito da mattoni triangolari. Tracchi così nel 1964 inizia a dare un’interpretazione ai ritrovamenti: da Cavriglia passava un ramo della Cassia, e qui era posizionata una “mansione”, punto di sosta per i viaggiatori e nucleo agricolo. L’ipotesi è che si tratti della stazione di sosta sulla via Cassia chiamata Bituriha sulla famosa tavola Peutingeriana.
Si arriva così al 15 aprile 1976. Due ragazzi giocano in un cantiere, vicino all’area dove erano stati ritrovati i resti della mansione. Vedono qualcosa di particolare affiorare tra le fondamenta. Sembra una statua o parte di essa: la tirano fuori, la caricano con fatica su un carretto, la portano a casa, la ripuliscono. Viene subito avvisata la Soprintendenza, gli esperti riconoscono l’inconfondibile profilo della tauroctonia mitraica. La statua viene presa in consegna dal Museo Archeologico Mecenate di Arezzo. Nel frattempo vengono eseguite ulteriori ricerche in Cavriglia, peraltro ancora non terminate nel 2017. Non è il solo reperto mitraico in provincia di Arezzo. Nelle presentazioni si racconta di una testa del toro ritrovata in Casentino, e anche altri reperti.
Negli ultimi anni lo sforzo compiuto dalle varie istituzioni è stato alla fine premiato con l’esposizione del reperto del Mithra, rappresentante degli innumerevoli tesori nascosti nel territorio toscano. Esempio per tutti che con l’impegno comune i nascosti beni culturali si possono ben valorizzare e tutelare.
Il mitreo di Santa Prisca a Roma
Roma, marzo 2015. Avevo programmato la visita al mitreo di santa Prisca in Roma a febbraio. Come indicato nel sito, telefono alcuni giorni prima per prenotare: le visite erano previste due sabati al mese. L’operatore gentilmente, dopo avermi precisato il costo di pochi euro della visita guidata da pagarsi anticipatamente, mi chiede il numero della carta di credito. Posso pagare via web, o tramite un normale bollettino postale? No, non si può, per confermare bisogna sulla fiducia dare il numero della carta. Bene, grazie, non prenoto, proverò ad andarci direttamente. Mi organizzo per un sabato di febbraio, ma ho notizia nello stesso giorno di una grande manifestazione a Piazza del Popolo. Nessun problema, devo andare in altra zona. La sera prima della visita guardo su internet la cronaca di Roma: sono programmate due contromanifestazioni, ovviamente in zone da dove devo passare. No, rinuncio, rischio per lo meno di avere problemi con i trasporti, in poco tempo devo andare in troppi posti. Cambio le prenotazioni del treno, fisso un sabato a marzo. Il tempo passa veloce, e finalmente è il giorno della mia rapida visita a Roma che oltre a Santa Prisca comprende varie mete.
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Aventino, 14 marzo 2015. Faccio di corsa la breve salita che porta alla chiesa di Santa Prisca, è quasi mezzogiorno. Sta uscendo un battesimo, e con discrezione entro e chiedo in sacrestia dove si trova il mitreo e dove inizia la visita, fuori non ci sono indicazioni. Con cortesia mi dicono che devo uscire, è un cancello accanto alla chiesa: così finalmente trovo il gruppo della visita. Non sono prenotato, chiedo se mi posso aggregare: ok, pago il biglietto. E per fortuna sono arrivato un minuto prima dell’inizio.
La visita è estremamente interessante. La guida è competente, preparata: non solo ha con sé alcuni testi di riferimento ma si trattiene alla fine rispondendo a tutte le domande degli interessati partecipanti. Chi è qui non ci può essere per caso, ha per lo meno la curiosità culturale di vedere il luogo, e ci sono professori e studiosi.
Il mitreo vero e proprio è un locale lungo e sotterraneo, con ai lati le sedute dei fedeli, e sulle pareti i resti di antichissimi affreschi. In fondo il bassorilievo con le divinità. Sono interessanti anche i locali accessori: il vasto ingresso, il locale delle vestizioni e il battistero mitraico.
Il culto mitraico.
Molti sapranno che i pagani festeggiavano la festa della luce –Dies Natalis Solis Invicti – il 25 dicembre. Ma un dio pagano che nasce dalla roccia proprio quel giorno? Celebravano dei riti che prevedono una cena mistica con il pane e il vino che vengono distribuiti ai fratelli? Se poi consideriamo che Mithra salì al cielo a trentatré anni e altri particolari si rimane perplessi: che relazione ha tutto ciò col cristianesimo?
Iniziamo dal mito del Sol Invictus. Nel corso del terzo secolo si instaurò nell’impero romano il culto del “monoteismo solare” che acquisì importanza intorno al 220 d.C. con l’imperatore Marco Aurelio Antonino detto Eliogabalo nativo di Emesa, la futura Homs, siriano . Era grande sacerdote della divinità solare “el-gābel”, e fece portare a Roma la pietra sacra di Emesa, un meteorite nero di forma conica fino ad allora adorato nella città siriana.
Lo storico Erodiano racconta come questa pietra, in occasione del solstizio d’estate, fosse portata in processione dall’imperatore per le vie di Roma, su un carro trainato da “sei cavalli enormi e di un bianco immacolato”. Successivamente, nel 274 dopo varie vittorie in Siria, l’imperatore Aureliano dedicò un grande tempio al sole sul colle Palatino stabilendo definitivamente il culto del Sol Invictus. Mancavano solo quaranta anni all’editto di Milano di Costantino e all’avvio della costruzione delle grandi basiliche cristiane.
La festa del Dies Natalis Solis Invicti veniva celebrata il 25 dicembre, per festeggiare l’unione della notte più lunga dell’anno col giorno più corto. A questa festa è legato il racconto mitologico di origine indo-iranica del dio Mithra, che nasce da una roccia il 25 dicembre. Dopo aver superato alcune prove Mithra cattura un grosso toro bianco, e lo rinchiude in una grotta. L’animale riesce a fuggire, e a questo punto il sole impone a Mithra di catturarlo di nuovo, per sacrificarlo tagliandogli la gola. Il sangue uscito dal toro fa scaturire la vita sulla terra: e la scena del sacrificio del toro venne rappresentata innumerevoli volte nei luoghi di culto mitraici, e non solo. Il sole, la cui rinascita è stata salvata dal sacrificio del toro, scende sulla terra per un banchetto di ringraziamento con Mithra, col quale risale in cielo. Il tutto è completato da innumerevoli simboli e personaggi, come Cautes e Cautopates che si affiancano al dio, formando insieme una triade rappresentativa dell’aurora, del mezzogiorno e del tramonto; o altrimenti, della primavera, dell’estate e dell’autunno.
La descrizione simbolica e mitica è affiancata da una complessa teologia, non del tutto nota, in considerazione sia della distruzione di tutti i documenti del mitraismo nel periodo dell’affermazione del cristianesimo sia del carattere misterico e segreto di tali comunità. Il mitraismo è profondamente collegato alla interpretazione del cielo e delle stelle, e alla nascita dei segni zodiacali; l’ordine cosmologico instaurato e il risultante accordo realizzato con l’umanità si collega la considerazione di Mithra come dio dei patti e dell’amicizia.
Il cammino mitraico prevedeva sette gradi di iniziazione, che indicavano progressivamente l’innalzamento del fedele nella conoscenza della rivelazione: Corax (corvo, Mercurio), Nymphus (crisalide, lo sposo, Venere), Miles (il soldato, Marte), Leo (il leone; Giove), Perses (il persiano, la Luna), Heliodromus (camminatore del sole, il Sole), e infine il Pater (il padre, Saturno).
Il passaggio tra i gradi era possibile solo dopo complessi riti di iniziazione. Non ci sono, come vi ho accennato, informazioni complete sulla liturgia mitraica. Le celebrazioni avvenivano in locali lunghi e stretti chiamati “mitrei”, collocati sotto il livello del suolo in modo da rappresentare la grotta originaria mitraica. All’estremità opposta rispetto all’ingresso era collocato l’altare e la raffigurazione del dio Mithra, immancabilmente nell’atto di uccidere il toro; lungo i lati più lunghi erano posizionati i banconi dove si sedevano i fedeli, e probabilmente venivano collocati i triclini per il banchetto sacro.
Il mitraismo dal primo secolo in poi raccolse numerosi fedeli, ma solo di sesso maschile. Per dare qualche riferimento in Roma sono stati individuati vari mitrei, quali quello a palazzo Barberini, a santa Prisca, san Clemente, Santo Stefano Rotondo e le terme di Caracalla. Alcuni parlano della presenza di centinaia di templi, con un numero di fedeli che poteva arrivare a qualche decina di migliaia nella sola Roma. Numerosi resti sono stati rinvenuti a Ostia (17 mitrei), e in altre località come Capua. Mitrei sono stati praticamente trovati in tutto l’impero romano: da Dura Europos alla Britannia. In Mithra, all’inizio il dio persiano della luce, si riflettevano le virtù del soldato romano, quali la fedeltà, la disciplina, la gerarchia, la lealtà: per questi motivi trovò numerosi seguaci tra le fila dell’esercito.
Quali influenze reciproche ci sono state tra mitraismo e cristianesimo? Evidenzio con semplicità alcuni aspetti.
Quando nel quarto secolo fu stabilito il giorno in cui celebrare la nascita di Cristo fu scelta la data che già indicava la rinascita del cammino del sole, il 25 dicembre.
Abbiamo il convito mitraico, in cui si mangiava il pane e il vino, i sette gradi di iniziazione che sembrano molto imparentati ai sette sacramenti: ma può essere che parte di queste simbologie siano passate dal cristianesimo al mitraismo. Molti autori dei primi secoli, come Giustino di Nablus e Tertulliano affermano che il banchetto mitraico sia una derivazione della cena cristiana. Viceversa, è possibile che le liturgie del mitraismo abbiano condizionato la nuova religione cristiana che gradatamente si allargava nell’impero. Ma, detto questo, non dobbiamo fermarci alle somiglianze liturgiche. Tra i due movimenti la differenza sostanziale sta nel fatto che il mitraismo è fondato su un mito mentre il cristianesimo sull’evento storico del Dio fatto uomo, morto sulla croce, e poi risorto.
Decio e il Mitraismo.
Se ci si reca a visitare il mitreo di Santa Prisca sull’Aventino, che per alcuni studiosi era il più importante del rito e probabile sede del patrem patrum, subito ci si rende conto della sua immediata contiguità alla Via delle terme Deciane: là infatti Decio aveva vari possedimenti, e da imperatore realizzò delle terme esclusive. È quindi assolutamente probabile una sua partecipazione ai massimi livelli del mitraismo.
A Roma, presso il Museo Nazionale Romano nella stupenda sede di Palazzo Altemps, è conservato il “sarcofago Grande Lodovisi”, imponente testimonianza della scultura romana, sul cui fronte è rappresentata una battaglia tra Romani e Barbari. Al centro svetta la figura di un giovane generale a cavallo, in evidente gesto di trionfo. Gli studiosi associano tale raffigurazione al figlio di Decio Erennio Etrusco, o a suo fratello Ostiliano; il sarcofago potrebbe essere l’ultima dimora di uno dei due, o di loro madre Erennia Etruscilla il cui ritratto si può vedere sul coperchio dello stesso sarcofago, conservato a Mainz in Germania. Se si guarda con attenzione il ritratto del giovane generale si vede come abbia una cicatrice a forma di X sulla fronte, probabile marchio della sua adesione al Mitraismo.
Mitraismo nel XXI secolo.
Quanto del mitraismo è sopravvissuto nei secoli, sotto forma di riti occulti, superstizioni ed esoterismo? Semplicemente guardando la simbologia stessa del mito, che a esempio raffigura il dio circondato da tutti i segni zodiacali certamente non poco, vista l’assurda importanza che i mezzi di comunicazione del terzo millennio danno alle previsioni zodiacali e a quanto a esse connesso. E qualcosa è senz’altro rimasto nelle tradizioni popolari. Faccio l’esempio della ‘ndocciata molisana, che mi ha suggerito la processione mitraica con i fuochi sul Monte Fiorentino: la sfilata delle ‘ndocce di Agnone è senza dubbio la manifestazione più spettacolare. Nelle festività di dicembre sfilano per le vie del paese centinaia di personaggi in antiche cappe nere da antico contadino molisano, portando immense torce, ciascuna costituita da più braccia infuocate. Gli alberi per costruire le torce si tagliano nel bosco di Montecastelbarone, e sono abeti ormai sradicati, caduti o colpiti da fulmini: la preparazione delle torce stesse è un’antichissima arte, numerosi listelli vengono prima seccati e quindi legati tra loro. La resina di cui sono impregnati attizza un fuoco vivido e forte: il risultato è un grande spettacolo. Sul sito e i link correlati viene spiegato con dettaglio e documentazione come questo rito derivi dalle celebrazioni mitraiche del fuoco. L’otto dicembre 1996 la ‘ndocciata molisana si trasferì in piazza san Pietro a Roma, e le foto disponibili su internet di migliaia di grandi torce che sfilano in via della Conciliazione e nella piazza danno idea della grandiosità della manifestazione e anche come nei secoli molti riti pagani si siano trasformati in riti e simbologie cristiane
Per saperne di più:
- Alberto Perconte Licatese, “il mitreo di Capua”, Santa Maria Capua Vetere – 2013 https://docplayer.it/4125598-Alberto-perconte-licatese-il-mitreo-di-capua.html
- Laura Larcan, “La “fossa sanguinis” del toro sacro nel Mitreo sotterraneo di Caracalla”, https://roma.repubblica.it/cronaca/2012/10/20/news/la_fossa_sanguinis_del_toro_sacro_nel_mitreo_sotterraneo_di_caracalla-44895401/, 2012
- Mauro Gioielli, “Origini e significati delle ’Ndocciate molisane, i rituali ignei della Notte di Natale – Il fuoco dei dadofori agnonesi”, http://www.ndocciata.it/
- L.A. Silcan “Mithra il Cavaliere del Sole”, Keltia Editrice, Marzo 2018